Riceviamo e pubblichiamo.
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Vorrei aggiungere qualcosa rispetto al problema sollevato dalla signora Arena, il problema è molto sentito gli amministratori e gli addetti ai lavori se ne stanno occupando seriamente. A breve ci sarà una riunione in Unione Montana coi sindaci dell’Unione e quelli vicini per fare il punto della situazione.
Per quanto riguarda l’articolo ci sono delle cose scritte che non corrispondono al vero, io ho chiamato la signora Arena per capire a chi aveva fatto le segnalazioni e quando, dalle mie verifiche non avevo trovato segnalazioni precedenti alla sua del 12/09/2016. Nella telefonata avevo anche spiegato che il problema era all’attenzione e ce ne stavamo occupando . Devo dire che mi aspettavo che lei chiarisse l’ultima parte del suo articolo “adesso viene il bello”, cosa che non ho visto. Pubblico la sua mail di risposta alla nostra telefonata:
“Gent. Signor Bini,
innanzi tutto La ringrazio moltissimo per l’interessamento personale al nostro problema.
A seguito di quanto Le ho detto telefonicamente questa mattina, La informo che ho parlato con gli abitanti di Soraggio i quali mi hanno informato che loro personalmente non hanno inviato nessuna richiesta scritta (purtroppo) ma solo telefonica, mi hanno detto che è stata fatta un raccolta di firme da parte dell’associazione di categoria (Coldiretti o CIA) per richiamare l’attenzione al problema, ma purtroppo non sanno dirmi niente di più preciso.
Sarà mia premura provare a contattare queste associazioni per verificare cosa è stato fatto.
Al di là di queste considerazioni, rimane comunque il problema.
A questo punto, oltre alle segnalazioni da me inviate per e-mail, sono disposta a compiere qualsiasi altra azione possa necessitare per sollecitare l’intervento dell’ente e degli enti preposti a farlo, se necessita posso venire di persona in Comune.
In attesa di Suo gentile riscontro, porgo cordiali saluti
Maria Elena Arena
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Le associazioni di categoria hanno fatto una raccolta firme su tutta la montagna, firme che sono state prese in considerazione seriamente .
(Enrico Bini)
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Gentilissima signora Arena,
in riferimento alla nota di denuncia della predazione a danno del Suo cane, acquisita agli atti di questo Ente Parco nazionale con Prot. n. 3001 del 16/09/2016, con la presente intendiamo comunicarLe che comprendiamo il forte impatto emotivo che episodi come quello da Lei denunciato possono provocare e conseguentemente la preoccupazione che da questi può generare circa la pericolosità della specie lupo nei confronti dell’incolumità delle persone. Risulta tuttavia opportuno precisare che questo Ente Parco nazionale, pur sempre disponibile a rispondere alle sempre più numerose istanze che vengono rappresentate dai cittadini su questo argomento, in quanto riconosciuto come interlocutore affidabile e tecnicamente preparato o anche semplicemente in quanto soggetto tradizionalmente impegnato a monitorare la presenza della specie lupo sul territorio, non può essere individuato come l’Ente direttamente responsabile delle politiche di gestione della specie lupo che si basano su un quadro normativo nazionale e non su regolamenti locali.
Ciò premesso, Le confermiamo che questo Ente Parco è al corrente che da diversi mesi si denunciano casi di predazione su cani di piccola e media taglia in un’ampia porzione di territorio della provincia di Reggio Emilia compresa tra i comuni di Vetto d’Enza, Castelnovo ne’ Monti, Carpineti, Baiso, Villa Minozzo, Toano, Casina e Canossa. Il fenomeno è noto a questo Ente e naturalmente alle amministrazioni coinvolte per territorio e per competenza.
Nonostante tutti gli episodi sino ad ora regolarmente denunciati o semplicemente resi pubblici sugli organi di stampa locale si siano verificati all’esterno del confine dell’area protetta, questo Ente Parco è tempestivamente intervenuto, con proprio personale tecnico afferente al Wolf Apennine Center, in tutti i casi segnalati ai nostri uffici o, come sopra ricordato, semplicemente resi noti sugli organi di stampa, previa autorizzazione dei proprietari dei cani, nell’ottica di monitorare il fenomeno al fine di poterlo descrivere nella sua reale dimensione e conseguentemente rappresentarlo nelle sedi istituzionali competenti e preposte per adottare eventuali legittime soluzioni gestionali.
In questo contesto è tuttavia opportuno sottolineare che episodi di predazione su cani ad opera della specie lupo sono in realtà descritti in tutto l’areale di presenza di questo predatore a livello internazionale con ricorrenze diverse e dipendenti da molteplici variabili tra le quali certamente la densità della specie, l’eventuale presenza di fonti trofiche facilmente accessibili in prossimità di case isolate o nuclei abitativi con presenza di cani, il numero di cani che vivono in condizioni di simpatria con il lupo, le modalità di gestione di questi stessi cani e molte altre ancora e di più difficile descrizione, quantificazione e, conseguentemente, interpretazione.
Poiché questo fenomeno rappresenta sicuramente per questa porzione d’Appennino un elemento di novità, così come vent’anni fa lo ha rappresentato il ritorno spontaneo della specie Lupo, questi episodi trovano oggi molto spazio sugli organi locali di informazione. Le notizie sono rappresentate spesso con toni allarmistici e sensazionalistici e certamente tali da contribuire a generare un clima di allarmismo diffuso nell’opinione pubblica che tuttavia non corrisponde, almeno nei fatti, ad un “reale” rischio per l’incolumità delle persone, a differenza invece di quel che si osserva nei confronti dei cani. Il Lupo è infatti specie “potenzialmente” pericolosa anche nei confronti dell’uomo, ma le statistiche disponibili mostrano in modo inequivocabile che negli ultimi due secoli il rischio che realmente si corre a coesistere sullo stesso territorio con questa specie è trascurabile rispetto a moltissimi altri elementi e fattori di rischio che sono presenti ma nei confronti dei quali mostriamo un livello di confidenza maggiore, per cui ne percepiamo la pericolosità in forma decisamente attenuata. Questa disponibilità al confronto con i “potenziali” rischi associati alla presenza del lupo non si è ancora sviluppata nelle aree di più recente colonizzazione, come le aree collinari o di alta pianura, anche in ragione di una minore accettazione del fenomeno a livello psicologico da parte dei cittadini, avendone culturalmente ormai perso memoria, mentre sembra essere più diffusa nelle aree appenniniche ricolonizzate da un maggior numero di anni e tradizionalmente più preparate al confronto con gli elementi della natura.
Nel concreto, questa rinnovata esigenza di confrontarsi con la presenza del predatore si deve tradurre nella consapevolezza che la specie è tornata spontaneamente sul territorio, senza un intervento attivo e deliberato dell’uomo, e nella semplice adozione di corrette modalità di gestione delle greggi, nel caso dei pastori, e dei cani padronali nel caso dei loro proprietari e ovviamente nell’evitare in tutti i modi di alimentare, anche inconsapevolmente, questi animali favorendone l’abituazione nei confronti di contesti urbanizzati e quindi dell’uomo.
E’ infatti più che ragionevole ritenere che in territori caratterizzati da una presenza antropica diffusa e numericamente rilevante sia molto importante che i cittadini adottino comportamenti tali da scongiurare la possibilità che si istaurino fenomeni di abituazione nei confronti dell’uomo, inducendo un abbassamento della distanza di fuga, perché a questo potrebbe corrispondere un livello di rischio maggiore, pur rimanendo comunque estremamente remota la possibilità che si verifichino attacchi diretti nei confronti dell’uomo.
In tale prospettiva, il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano è da tempo impegnato in una campagna di informazione e sensibilizzazione finalizzata a divulgare informazioni corrette circa il conflitto uomo-lupo e sulle concrete e possibili soluzioni, migliorando in particolare il livello di formazione e sensibilizzazione di tutti i portatori di interesse e a promuovere un approccio più condiviso possibile al tema della convivenza tra uomo e lupo anche incoraggiando l’utilizzo di processi partecipati come strumenti chiave per garantirne la coesistenza. Nell’ambito delle proprie attività di informazione e sensibilizzazione, questo Ente ha infatti organizzato e preso parte a decine di incontri pubblici locali, si è confrontato nell’ambito di specifici incontri con decine di rappresentanti delle istituzioni, centinaia di cacciatori e migliaia di studenti di ogni ordine e grado, prodotto e distribuito materiale informativo cartaceo e attivato pagine social (facebook e twitter) nonché partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Infine, in questo contesto, è opportuno ricordare che nell’ambito del progetto finanziato dall’Unione Europea LIFE M.I.R.Co-Lupo, anche grazie alla collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, con l’Ambito Territoriale di Caccia RE4 Montagna e con il Raggruppamento delle Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Reggio Emilia, è stato possibile attivare il monitoraggio indiretto della presenza del lupo anche all’esterno dell’area protetta nonché attivare il monitoraggio diretto attraverso la tecnica radiotelemetrica che ha comportato la cattura di animali e il loro radiomarcaggio.
Nel prossimo periodo rafforzeremo il nostro impegno su tutti questi fronti e avvieremo una fase di confronto con la cittadinanza, a livello locale, relativamente ai risultati ottenuti.
(Giuseppe Vignali, direttore del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano)
L'articolo “Lupi arrivano a ridosso delle abitazioni”, la risposta di Enrico Bini alla lettera di Arena. AGGIORNAMENTO: la nota del direttore del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano proviene da Redacon.