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Arrestati dai carabinieri due fratelli che spacciavano droga a numerosi giovani

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Fermati in un parcheggio della città dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Castelnovo ne’ Monti erano stati arrestati per concorso in detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti.

Agli 8 grammi di cocaina trovati in loro possesso si sono aggiunti 32 grammi, sempre di cocaina, 17.000 euro in contanti, cellophane per confezionare le dosi e un bilancino digitale per pesare la droga che occultavano nella loro abitazione.

Per questi fatti la sera del 9 dicembre scorso i fratelli Abbes Bayoud 39enne e Abdelijalil Bayoud 36enne, entrambi residenti a Reggio Emilia, sono finiti in manette. Un arresto che tuttavia non ha di fatto chiuso le indagini dei carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Castelnovo ne’ Monti che sono riusciti sviluppare la solida rete di clienti che i due avevano creato, riuscendo quindi a ricostruire circa un lustro di illecita attività di spaccio.

I due, secondo le indagini dei carabinieri di Castelnovo ne’ Monti, erano riusciti a mettere in piedi un’intensa attività di spaccio di cocaina e hascisc che si sviluppava a favore di numerosi giovani abitanti nella provincia e nel capoluogo di Reggio Emilia. Due veri e propri impresari specializzati nel settore degli stupefacenti, come accertato in maniera inconfutabile dalle indagini condotte dai carabinieri di Castelnovo ne’ Monti che hanno arrestato i due fratelli nell’ambito di un’indagine antidroga che ha documentato migliaia di cessioni di stupefacenti e ricostruito circa 5 anni di illecita attività di spaccio.

Il Tribunale di Reggio Emilia, accogliendo le richieste avanzate dalla dott.ssa Giulia Stignani, sostituto presso la Procura reggiana, concorde con le risultanze investigative dei carabinieri di Castelnovo ne’ Monti ha emesso a carico un’ordinanza di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari che ieri mattina è stata eseguita dai Carabinieri che hanno arrestato i 2 fratelli, mettendo la parola fine alle indagini che vedeva la droga giungere sino ai comuni dell’Appennino reggiano.

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Carpineti, raccolti 3000 euro per le popolazioni terremotate

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Pranzo benefico di Carpineti

Grande affluenza di cittadini domenica 26 al pranzo benefico di Carpineti organizzato per raccogliere fondi a favore delle popolazioni colpite dal terremoto.

Un’iniziativa proposta dagli Alpini con la collaborazione della Croce Rossa e delle associazioni volontaristiche di Carpineti, patrocinato dall’amministrazione comunale, che si è tenuta domenica nella struttura polivalente di Parco Matilde e ha visto la partecipazione di oltre duecento persone e la raccolta di circa 3000 euro.

Il sindaco Tiziano Borghi

“Carpineti si è dimostrata generosa fin dal primo momento ed ha poi continuato man mano che gli eventi calamitosi purtroppo si sono susseguiti negli Abruzzi e nelle Marche”, ha ricordato il sindaco Tiziano Borghi durante il saluto e il ringraziamento ai convenuti. “Difatti i commercianti carpinetani all’indomani del terremoto hanno devoluto l’importo per il rinfresco della fiera di S. Vitale pro popolazione abruzzese, poi l’amministrazione comunale ha organizzato i volontari spalatori nei comuni montani di Ascoli Piceno durante le nevicate del 20, 21 e 22 gennaio”.

In un secondo momento Borghi, coadiuvato dalla Croce Rossa, ha organizzato spedizioni di foraggio offerto da agricoltori della nostra montagna ad allevatori marchigiani. Il sentimento di solidarietà dei carpinetani si è mantenuto alto anche nel prosieguo.

Domenica scorsa sono stati raccolti 3.020 euro che gli alpini hanno accreditato sul conto corrente pro terremotati dell’unione dei comuni dell’Appennino reggiano, in attesa che sia specificata la destinazione finale. Grande soddisfazione è stata espressa oltre che dal sindaco anche da tutti gli organizzatori e da tutti i presenti al pranzo che hanno riconosciuto che nel nome della solidarietà ci si trova serenamente tutti assieme senza divisioni di sorta, ha concluso il primo cittadino.

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Lettera / “A proposito dell’ospedale S. Anna di Castelnovo ne’ Monti”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Maria Cristina Costa

Seguo sulla stampa il dibattito sull’eventuale chiusura del punto nascite dell’ospedale Sant’Anna di Castelnovo ne’ Monti. Naturalmente sono ben conscia di non avere una competenza specifica sull’efficienza tecnico-organizzativa di questo importantissimo settore sanitario. Comprendo inoltre che la tendenza a procedere in questa direzione a livello nazionale trova nella nostra provincia un nuovo impulso, con l’unificazione della Usl e del Santa Maria Nuova, nonché con la prossima apertura della Casa della madre e del bambino che sicuramente offrirà a Reggio un servizio di eccellenza.

Non entrerò pertanto in questo specifico settore. Dal punto di vista territoriale, invece, non posso non osservare che per una ragione o per l’altra i servizi pubblici della nostra (e non solo nostra) montagna vengono via via progressivamente ridotti.

Ricordo che in passato in occasione di una delle riforme sanitarie si parlò addirittura di sopprimere l’ospedale di Castelnovo. Anche allora ci fu una lunga questione: per fortuna con le opportune modifiche il Sant’Anna è rimasto. Così come per avere una stazione dei Vigili del fuoco almeno a Castelnovo, cui fa capo un territorio fortemente boscoso, fu necessaria un’altra battaglia.

Quando negli anni Settanta svolsi lo studio preliminare al piano di sviluppo della Comunità montana (considerando i tredici comuni che ne facevano parte) la popolazione si aggirava intorno ai 45.000 abitanti; questo dopo le drammatiche emigrazioni interne ed esterne a partire dal dopoguerra. Ora la popolazione nel suo dato quantitativo non è molto diminuita, si aggira sui 44.000 abitanti. Tuttavia la situazione insediativa, occupazionale e produttiva è profondamente cambiata. I dati non sono tutti direttamente confrontabili perché i livelli e le organizzazioni istituzionali sono mutate. È tuttavia evidente il tracollo dei vari settori degli addetti con alcune coraggiose, anche se contratte, iniziative turistiche.

Le ragioni ovviamente sono complesse come sempre è complesso il governo di una città o di un territorio che vanno in ogni caso considerati in un corretto rapporto. Sicuramente gli sbocchi occupazionali e il loro livello rappresentano, per questo problema, una posizione di primo piano. È vero infatti che l’impiego nei pubblici enti e servizi (forse un giorno doverosamente razionalizzati) è uno degli sbocchi occupazionali: basta vedere questo problema a livello nazionale e locale. In ogni caso la presenza dei servizi è uno degli elementi che fa sentire un cittadino, anche quello della montagna, supportato e stimolato a rimanere – come i montanari desiderano – sulla propria terra.

Non voglio qui ricordare lontani tempi in cui in ogni paese era presente, sempre a tempo pieno, il medico condotto, il farmacista, l’ufficiale postale con il portalettere, un rappresentante dell’ufficio delle Entrate, una seduta (il primo lunedì del mese) di un decentramento del tribunale per le piccole cause locali, il cantoniere cui era affidata la custodia di un certo tratto della strada statale, una stazione della guardia forestale, una dei carabinieri, le maestre (c’era anche qualche maestro ma generalmente erano di genere femminile) che, essendoci bimbi perché c’era popolazione effettiva, costituivano un riferimento importante. Ultimo non certo per importanza un sacerdote per ogni paese, sia nel capoluogo che nelle frazioni. Tutto questo è andato destrutturandosi e anziché il lungamente e inutilmente auspicato e dibattuto riequilibrio territoriale (si vedano i documenti degli anni Sessanta) si sono paurosamente accentuate le disuguaglianze. Come mai in territori completamente montani (penso all’Alto Adige ed alle Alpi austriache) la montagna è popolata, curata e intessuta di servizi? Al punto che se un cittadino apre un’attività in città (Klagenfurt, Austria) deve due volte la settimana garantire lo stesso servizio alla montagna dei dintorni, per evitare con il diverso trattamento l’accentramento di popolazione in città e il conseguente spopolamento del territorio? Certo le regioni a statuto speciale godono di privilegi economici che sanno ben spendere ma da noi la legge sulla montagna che prevedeva interventi “integrativi e non sostitutivi” è stata cancellata (si pensi solo al problema idrogeologico).

Oggi la nostra montagna ha subito fortissime trasformazioni e questo è anche logico: negli anni Sessanta la popolazione era maggiormente distribuita nei vari comuni e gli insediamenti rappresentavano il presidio per il territorio circostante poiché il settore trainante era l’agricoltura. Oggi, nella situazione attuale, l’economia del crinale si è orientata verso il settore ambientale e produttivo di tipo speciale come quella che si verifica nel Parco nazionale dell’Appennino Tosco-emiliano che in ogni caso ricopre fondamentalmente il crinale e i cui finanziamenti specifici non sono certo sufficienti. La gente, per non essere costretta ad abbandonare del tutto la montagna, ha cercato, col sacrificio di lasciare case, terre, stalle, di ripartire concentrandosi in Castelnovo ne’ Monti, che è diventata di fatto la capitale di tutta la montagna reggiana. Se nel 1861 la sua popolazione era di 6.180 abitanti, un secolo dopo, nel 1961, era di 9.384 abitanti, e, dopo un leggero calo nel 1971, oggi può vantare, per il fenomeno accennato di spostamenti interni soprattutto dal crinale, una popolazione di 10.475 abitanti. In parallelo Villa Minozzo dal 1961 (7.725 abitanti) ad oggi (3.750 abitanti) ha perduto ben 3.975 abitanti, oltre la metà, così come del resto tutti i quattro comuni del crinale che non casualmente (vedremo gli effetti e le promesse) si sono unificati nel comune unico del Ventasso con 5.036 abitanti sparsi tuttavia tra vallate e spartiacque per un’estensione di 25.819 ettari.

Concludendo spero di avere ricordato qualche elemento di conoscenza sull’evoluzione storica, anche se recente, della situazione montana affinché si considerino le decisioni in campo e quelle future oltre “l’organizzazione burocratica gerarchica” (Bauman) che purtroppo caratterizza il nostro tempo. È necessaria una visione di più lunga prospettiva. Certo nessuna classe politica auspica l’abbandono di questo nostro patrimonio territoriale: è dunque indispensabile che il polo di Castelnovo ne’ Monti non solo resista coi suoi servizi ma si rafforzi e qualifichi ulteriormente.

(Arch. Maria Cristina Costa, Reggio Emilia, 3/2/2017)

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Alla Reggia di Colorno la finale del “Menù a km 0”. L’elenco dei ristoranti finalisti

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Reggia di Colorno

Il Parco nazionale, in collaborazione con Alma – la scuola internazionale di cucina italiana e Coldiretti, organizza giovedì 9 marzo presso la Reggia di Colorno, sede di Alma, la finale della rassegna “Appennino Gastronomico – menù a Km 0”. Un redattore di Redacon seguirà in diretta la finale con un foto racconto.

La IX edizione dell’iniziativa enogastronomica del Parco nazionale e della Riserva della Biosfera Unesco dell’Appennino Tosco-emiliano ha raccolto un grande interesse, sia da parte dei ristoratori e dei produttori, sia del pubblico che ha avuto modo di degustare e votare i piatti preparati per l’occasione dagli chef concorrenti.

Anche quest’anno la finale si svilupperà con una giuria tecnica che ha selezionato tra i partecipanti alla rassegna cinque chef che operano nel territorio del Parco nazionale e cinque presenti nella Riserva di Biosfera Unesco.

I ristoranti selezionati per la finale sono:

per l’area Parco Nazionale: ristorante Da Rita, Monchio delle Corti (PR); agriturismo Podere Conti, Filattirea (MS); agriturismo Al Vecchio Tino, Fivizzano (MS); Kubosteria, Castelnovo ne’ Monti (RE); albergo ristorante La Nuova Jera, Bagnone (MS).

Per l’Area MaB Unesco: Podere Cristina, Lesignana Bagni (PR); ristorante Il Pozzo, Pieve Fosciana (LU); agriturismo La Burlanda, Fosdinovo (MS); osteria Da Bonny, Vezzano Sul Crostolo (RE); Locanda del Rebecco, Vetto (RE).

Alma

I dieci ristoranti finalisti si sfideranno ai fornelli e proporranno la loro ricetta alla giuria che stilerà una classifica per ciascuno dei due gruppi. A valutare le prelibatezze anche un “tavolo media” (food blogger, influencer, giornalisti) che potranno esprimere il loro parere, anche se questo non inciderà sul verdetto finale espresso dalla giuria tecnica.

I vincitori verranno proclamati durante la cena di gala preparata dagli chef di Alma utilizzando i prodotti tipici della Riserva MaB Unesco dell’Appennino Tosco-emiliano. Come di consueto sono previste anche menzioni speciali, assegnate anche grazie alle votazioni online raccolte dal sito del Parco nazionale.

«La gastronomia e i prodotti della Riserva dell’Appennino – spiega Giuseppe Vignali, direttore del Parco nazionale – sono ancora una volta protagonisti di questa riuscita iniziativa che si svolgerà presso la Reggia di Colorno nella sede di Alma – la scuola internazionale di cucina italiana. Anche se in forma di gara questa giornata è una grande festa fra gli operatori – ristoranti e aziende agricole – che si sono prodigati a creare e ricreare piatti nuovi e antichi costruiti su materie prime provenienti dalla Riserva di Biosfera Unesco. Economia circolare, chilometro zero, green community, sostenibilità del cibo sono slogan molto di moda, noi li stiamo mettendo in pratica con questa ed altre azioni concrete e con una partecipazione sempre crescente di cittadini e operatori economici».

Parco Nazionale tosco emiliano

Esprime soddisfazione il direttore generale di Alma Andrea Sinigaglia: «Questa nuova formula rende ancora più avvincente la competizione anche se, come per gli anni passati, il cuore di questa iniziativa rimane sempre il fatto di avere un riflettore su ristoratori che ci piace definire “eroici”. Grazie al loro lavoro, infatti, tengono viva la montagna e ne trasmettono la cultura. Oltre che una competizione, “Appennino gastronomico” sarà anche quest’anno una grande festa di una comunità di professionisti che ormai da anni si dà appuntamento. Quest’anno la Reggia di Colorno farà da cornice per la prima volta della finale e la cosa ci riempie di orgoglio. La mission di Alma è promuovere il grande patrimonio agroalimentare italiano in tutte le sue declinazioni e queste occasioni ce ne mostrano il valore sia in termine di prodotti che soprattutto – aggiungerei- di persone».

Alma

«Anche questa nuova edizione di Appennino gastronomico – ricorda Maria Adelia Zana campagna amica Emilia Romagna – darà la possibilità a ristoratori e agriturismi di dimostrare, attraverso la loro creatività, la ricchezza delle produzioni agricole della Riserva MaB Unesco dell’Appennino Tosco-emiliano. Protagonisti di questa rete sono anche i produttori agricoli locali che da generazioni continuano a prendersi cura del territorio coltivando e allevando anche antiche varietà autoctone permettendo, così, di mantenere quel ricco patrimonio di biodiversità, di saperi e tradizioni agricole sempre a rischio di perdersi. L’interesse per questo patrimonio si evince anche dal nuovo impulso che arriva all’agricoltura proprio dai giovani che, attraverso la multifunzionalità aziendale e l’innovazione, rinnovano l’agricoltura locale nel rispetto della tradizione innescando cicli virtuosi dei economia circolare».

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Ventasso / Cervarezza diventa capoluogo comunale (sia pure tra le polemiche): per il paese è un momento storico

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Il consiglio (foto Redacon)

Per Cervarezza arriva il classico “magic moment”, il momento magico. Diventa “finalmente” capoluogo comunale. Un’ambizione forse coltivata da sempre. Il paese è probabilmente il più popoloso di tutto il vastissimo territorio che da oggi dovrà amministrare, più dei passati quattro capoluoghi di comune che oggi sono raggruppati: Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto. Una svolta a suo modo storica (infatti la sala era piena di cittadini). V’è, in provincia, un unico altro caso di denominazione diversa tra comune e centro amministrativo: Ciano d’Enza, capoluogo del Comune di Canossa.

La decisione è scaturita dal consiglio comunale riunitosi ieri sera (come accaduto finora) a Cervarezza, presso quel centro dedicato alla stimata poetessa locale Teresa Romei Correggi che diventa appunto il nuovo palazzo municipale; ovviamente bisognoso di adattamenti ma fin d’oggi fruibile, come sottolineato più volte dal sindaco Antonio Manari, essendo già sede di altri servizi.

Unanimità, nelle dichiarazioni. Ma le cose non sono andate proprio piane piane. Tanto è vero che i quattro consiglieri della minoranza, pur appunto d’accordo con la decisione, al momento di votare sono usciti dall’aula. Quindi lasciando alla sola maggioranza l’approvazione, con i suoi nove voti.

Ma andiamo con ordine.

Paolo Bargiacchi durante un intervento in aula (foto Redacon)

Dopo l’introduzione del punto in discussione, ha parlato Paolo Bargiacchi, capogruppo di minoranza, già sindaco di uno dei comuni soppressi con la fusione, Collagna, e già candidato sindaco al nuovo comune che s’è formato. “Sulla localizzazione della sede siamo tutti d’accordo – ha esordito – ma sui giochini, sui pocci, no”. Spiegando: “Se la sede sarà a Cervarezza, non può essere che qualche servizio sarà dislocato qui e qualche altro a Busana”.

Già, Busana. Se n’era già trattato molto nel punto precedente dell’ordine del giorno (piuttosto sibillino nel titolo: “Presa d’atto della deliberazione del consiglio congiunto di municipio n. 2 del 26 novembre scorso – Determinazioni conseguenti”). Il paese sembra un po’ rischiare di “sparire” dalla carta geopolitica del territorio in questione, dopo essere stato per tanto tempo sede di comune, sede dell’Unione dei comuni dell’alto Appennino, sede provvisoria (finora) del nuovo Comune… “E dire – punzecchia Bargiacchi – che è stato il luogo ove i alla fusione sono stati il maggior numero…”. La maggioranza peraltro s’è spesa (in tal senso hanno parlato i consiglieri Federico Franchini e Francesco Ferretti) nel rassicurare che il palazzo ex municipale busanese non verrà di certo abbandonato e che una commissione che si costituirà ad hoc, come deciso in serata, si occuperà di studiare in dettaglio il tema degli spazi, delle vecchie sedi municipali, dei servizi da erogare alla cittadinanza.

Secondo Bargiacchi “s’è perso il senso della misura e della responsabilità, perché l’eventualità di servizi comunali dislocati un pezzo da una parte e uno dall’altra va contro le norme; cosa ci sarà a Busana e cosa a Cervarezza? Non lo sapete neanche voi…”. Se la sede di Busana fosse “salvata”, in quel territorio ex comunale si verrebbero a contare due centri di servizio – Busana e appunto Cervarezza – a differenza di tutti gli altri ex comuni, che invece ne hanno uno solo. Tema non nuovo. Ma in effetti il campanilismo è tutt’altro che morto e probabilmente non “decederà” nè molto presto né facilmente. La dimostrazione come si dice “plastica” è stata data anche da un intervento polemico di Alessia Cagnoli, anch’ella esponente della minoranza, che in sostanza col suo discorso accusa: “Busana favorito rispetto a Ligonchio”.

Bargiacchi riprende ed incalza: “Avete paura di perdere il favore dei busanesi, che hanno scelto in massa per la fusione? Ma ora non siete più in campagna elettorale, voi ora siete i governanti di questa terra”. “Ancora non si sa se arriveranno i fondi per sistemare questa sede: perché dunque tutta questa fretta?”. “Ragionate e riflettete”, è l’esortazione, “per evitare di buttare fumo negli occhi”. E sull’istituzione della commissione, sarcastico: “Nella migliore tradizione, una commissione non si nega a nessuno”.

Il centro “T.R. Correggi”, nuova sede del Comune di Ventasso

Il sindaco ha ascoltato e poi ha replicato. Ha anzitutto bollato l’intervento come “retorico” e poi è passato a spiegare che intanto di “risparmi ne abbiamo fatti: considerate solo i rimborsi, passati da oltre 20mila a circa 1.000 euro”. Ma comunque, con riferimento all’accusa di voler cavalcare il consenso, ha risposto che l’affermazione è del tutto fuori luogo, in quanto “non ho assolutamente intenzione di ricandidarmi; quindi il consenso non c’entra: c’entra solo l’intenzione di fare le cose al meglio per la cittadinanza”. Ha messo l’accento sulla carenza di spazi: “L’unica sala adatta ad ospitare il consiglio è questa: non ve n’è né a Busana né a Ramiseto e a Ligonchio è la metà di questa. A Busana non c’è neanche una sala d’aspetto: quando qualcuno arriva per un appuntamento deve stare in corridoio in piedi. Non ci sono spazi se si deve accogliere qualcuno. E poi l’archivio: non sappiamo più dove piazzare il materiale. La scelta di come localizzare i servizi e l’accoglienza ai cittadini dovrà tenere conto anche di tutto questo”. Ha inoltre sottolineato la difficoltà di unificare i vari servizi esistenti fino ad ora (quattro uffici tecnici, quattro uffici anagrafe e via dicendo) in uno solo: “Occorre tempo”. Ricorda la situazione socio-demografica di un territorio che anche nel 2016 (sul 2015) ha perso l’1% della popolazione, 45 persone. A questo ricollegandosi, riferendosi alla sede di Busana sì o no: “Se vi è la possibilità – nella razionalità – di tenere aperto qualcosa qui da noi, dove si vedono troppe finestre chiuse, io lo faccio”. Mentre poi Manari riferisce di essere in comune tutti giorni, o mattina o pomeriggio, Bargiacchi lascia cadere, inserendosi, un accenno “avvelenato”, sembra più di carattere personale: “Villa Verde…”. Il riferimento scatena la maggioranza e varie voci insieme si levano contro il capogruppo di minoranza. Il sindaco, visibilmente contrariato, riprende poi la parola per riferire a mò di annuncio: “Approfitto di questo per comunicare a tutti che sono in pensione dal 31 dicembre scorso e mi reco a Reggio, a Villa Verde, due ore alla settimana, il lunedì dalle 15 alle 17, per ricevere pazienti che ancora mi chiedono consulenze su loro esami”.

Il clima è surriscaldato (anche dal pubblico qualcuno cerca di prendere la parola, ma com’è noto ciò è vietato; non si tratta di un’assemblea aperta). Prende la parola Valter Magliani (maggioranza), piuttosto indignato ma rimanendo nel merito, per dire che intende rimandare al mittente l’accusa di “irresponsabilità”. La minoranza si era vista intanto respingere sia un’integrazione (sul punto precedente a quello più “caldo”, comunque ad esso correlato) che un emendamento (su questo punto); viste le modalità del procedere della discussione, forse tutto l’insieme ha contribuito a far prendere la decisione, al momento del voto sulla scelta della sede definitiva del Comune, di uscire dall’aula. Forse per protesta.

Minoranza che poi è rientrata per la trattazione del quarto ed ultimo punto in agenda, certamente meno “gravido” di possibili polemiche rispetto a quanto udito fino a quel momento (si parla di affidamento del servizio di tesoreria).

 

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Casina si impegna per Montegallo: domenica sale il loro sindaco

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L’amministrazione comunale di Casina, unitamente alle sue numerose associazioni di volontariato, in primis la Protezione Civile e la Croce Rossa, in collaborazione con la scuola e l’Unità pastorale “Madonna del Carrobbio”,  incontreranno domenica 12 marzo 2017 a Leguigno, presso la struttura parrocchiale, il sindaco di Montegallo Sergio Fabiani per ufficializzare la consegna di aiuti raccolti e messi insieme con le diverse iniziative svolte sul territorio comunale.

Veramente una somma cospicua quella che verrà consegnata pubblicamente dal sindaco Stefano Costi al primo cittadino del comune marchigiano colpito dal terremoto del 24 agosto 2016. Montegallo è il comune italiano di 597 abitanti, in provincia di Ascoli Piceno, situato ai piedi del Monte Vettore, dove sono stati indirizzati i primi volontari giunti da Casina e da altre zone della montagna reggiana.

Una solidarietà fattiva e concreta che accomuna ora due lembi d’Italia distanti solo geograficamente.

I fondi raccolti nelle scuole di Casina in occasione del “Gran Concerto di Natale”, quelli raccolti con la cena dei cacciatori e tutte le altre iniziative messe in campo dalle altre Associazioni del Comune, dalla Protezione Civile, alla Croce Rossa e all’Unità Pastorale, hanno trovato coordinamento e gestione unica dall’ Amministrazione di Casina per giungere a questo importante gesto solidale. Uno sforzo notevole per la piccola realtà di Casina che non ha voluto tuttavia sottrarsi al soccorso di chi ha avuto è ha problemi seri

Ogni associazione di Casina collaborerà fattivamente domenica, dividendosi le spese per l’organizzazione del pranzo del volontariato, organizzato per raccogliere ulteriori fondi e come momento pubblico per la consegna ufficiale degli aiuti al sindaco del comune di Montegallo. Il programma: ore 11.15 Santa Messa – ore 12.30 Pranzo (20 € adulti, 10 € bambini, gratis 0-6 anni). Si effettua la prenotazione entro il 9 marzo 2017 al 339 126 2259 (Vittorio) o 348 470 2047 (Barbara). L’intero incasso sarà devoluto al comune terremotato di Montegallo (Ascoli Piceno).

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In carcere il vettese più ricco della storia

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Probabilmente era uno dei vettesi più ricchi di tutti i tempi. Aveva in dote un patrimonio di 21 milioni di euro. Ma, a quanto pare dalle risultanze investigative della Guardia di Finanza, non c’era corrispondenza tra denuncia dei redditi e un simile tenore di vita, in paese noto da decenni, ma che a Reggio Emilia città, al bar di via Emilia all’Angelo, poteva anche sembrare normale ma non certo da passare inosservato tra auto di lusso, orologi, contanti e, ovviamente, abiti da gran signore. Una evidente sproporzione tra i redditi dichiarati e il suo patrimonio.

Fatto sta per il commerciante Aldo Ruffini – ora il nome è noto – 72enne nativo di Tizzolo di Vetto – il gip ha chiesto e ottenuto la misura cautelare del carcere, dopo l’indagine della procura e gli accertamenti compiuti dal Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. Già a dicembre i finanzieri avevano disposto un primo sequestro dei beni per 3 milioni di euro, quindi un secondo che ha rivelato l’effettiva disponibilità dell’uomo (che, oltre a monili, disponeva di case, opere d’arte, auto di lusso): totale 21 milioni di euro, di cui 1,3 in contanti. All’uomo sono contestati molti reati: esercizio abusivo attività finanziaria, usura, ricettazione, riciclaggio, contraffazione marchi, reati tributari, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, quest’ultima avvenuta durante i sequestri.

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“Poiatica: le istituzioni ci hanno tradito? In arrivo 800.000 metri cubi di rifiuti!”

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Riceviamo e pubblichiamo dal comitato “Fermare la discarica”.

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Giovedì abbiamo incontrato il dottor Alberto Montanari dell’Università di Bologna al quale era stato commissionato dalla Regione, nel febbraio 2016, lo studio per la riqualificazione e ripristino dell’invaso di Poiatica.

Dai primi esiti dello studio emergono tre ipotesi di soluzione:

ipotesi 1. Lasciare tutto come è ora: operare solo piccoli interventi di sistemazione dell’invaso e inserire delle pompe per coadiuvare l’opera del manufatto scatolare nel caso di eventi piovosi straordinari (nota: soluzione già proposta negli anni da Iren nelle Aie per i lotti precedenti).

Ipotesi 2. Parziale riempimento dell’invaso con sola argilla e costruzione di un canale perimetrale che permetta lo scorrimento per gravità delle acque. Problema: l’argilla costa (comprensiva cavatura, acquisto in opera, trasporto….), facendo schizzare i costi dell’opera (nota: costi che non si sa chi dovrebbe sostenere in quanto non si sa se Iren ha accantonato o previsto fondi per questo tipo di intervento!). In ogni caso lo studio non prevede ulteriori specifiche dei costi e dei possibili risparmi (come noi avevamo proposto nel 2015). Quanto, ad esempio, si risparmierebbe con un’eventuale sola movimentazione dell’argilla dalla cava di Monte Querce (di proprietà di Iren) confinante con la discarica? Poiatica è circondata, infatti, da cave, non è assurdo portare e trattare l’argilla da fuori, gonfiando i costi della materia, quando la cava Monte Querce dispone già di un piano estrattivo autorizzato proprio per soddisfare il fabbisogno della discarica?

Ipotesi 3. Economicamente presentata come la più vantaggiosa, prevede un riempimento quasi totale dell’invaso con 800.000 metri cubi di rifiuti speciali e con 500.000 metri cubi di terra (terra che sarebbe utilizzata solo nella parte dell’invaso fuori confine di discarica dove i rifiuti non possono essere smaltiti). Nessun accenno negativo su cosa comporterebbe un tale quantità di rifiuti a livello ambientale e sanitario, aspetto secondario davanti al miraggio economico di poter nuovamente riguadagnare sui rifiuti. Un lavoro enorme, che si realizzerebbe in due soli anni.

Per intenderci: in 20 anni di discarica, il 2011 fu l’anno in cui si registrò il picco massimo di conferimenti con una quantità smaltita di rifiuti di 150 mila tonnellate. Ora parliamo di 400 mila tonnellate all’anno, giusto per fare una proporzione.

In sostanza gli esiti della presentazione “terza” portavano tutti a propendere per questa terza ipotesi e ci si è palesato in un attimo il fatto di essere finiti in un grande tranello. Siamo incredibilmente delusi da uno studio che sembra quasi combaciare con la proposta divulgata a mezzo stampa di Iren, emersa nel 2015, che prevedeva il tombamento con 1.000.000 di metri cubi di rifiuti speciali. Che senso ha avuto interpellare la “terzietà” di un ente universitario se combacia quasi in toto con la proposta di Iren?

Crediamo che la politica regionale abbia voluto togliersi dalla responsabilità di scegliere la proposta più dannosa e meno logica per i cittadini (ma auspicata dall’impero Iren e forse anche da qualche amministratore locale), affidando a un “ente terzo” un dibattito basato su qualche slide e poche visite in discarica. Con lo studio dell’Università tutti barili saranno scaricati: le scelte diventeranno ovvie e le colpe di nessuno. Scelte che ci condanneranno alla riapertura della discarica.

Ma passiamo alle motivazioni che sicuramente ci porterà qualche rappresentante incravattato nei prossimi mesi per ammansire la montagna e tutti i reggiani:

  1. I rifiuti saranno trattati (quindi speciali) non rifiuti urbani tal quali. Per forza! Da normativa nessun rifiuto tal quale può più essere smaltito e i rifiuti trattati ora sono tutti rifiuti speciali. La commissione Europea ha multato l’Italia per lo smaltimento di rifiuti tal quali. Inoltre i rifiuti speciali viaggiano a mercato, il che tradotto possono venire tranquillamente da fuori regione (vi immaginate la complessità di controlli necessaria?). L’unica volta che abbiamo potuto attivare una sorta di blitz con le autorità a Poiatica a seguito del puzzo di rifiuti considerati “trattati”, Iren è stata condannata per illecito con implicazioni penali. Oltre al fatto che per gli studi sanitari, europei e italiani, in circolazione lo smaltimento rimane sempre e comunque il modo più dannoso per la salute umana. Ora chiediamo a Atersir e Regione: il diritto alla salute vale solo dove c’è grande bacino di elettorato?
  2. “Formalmente” la discarica è chiusa. Questa è la motivazione più bizzarra, come se la disquisizione lessicale tra formalmente o effettivamente facesse qualche differenza nel reale. Che lo smaltimento venga presentato come ripristino o discarica, una quantità tale di rifiuti renderebbe inabitabile il territorio. Anzi, nella nostra profonda sfiducia, che quel “formalmente” non sia alibi per schivare anche le autorizzazioni necessarie per le attività “formali” di discarica, muovendosi abilmente dentro i vuoti normativi?
  3. C’è una lista ristretta di rifiuti speciali che non fa male sulla quale dovremmo concentrarci.

800mila tonnellate di rifiuti, meno male che è ristretta la lista! Fumo negli occhi, illusione, inganno scegliete voi il sinonimo più performante.

  1. Vince la scelta che costa meno o i costi delle opere  seppur meno inquinanti incideranno sulle bollette. La tradizionale motivazione che terrorizza il cittadino e chiaramente con il terrore si costruiscono gli imperi del profitto, anche nella nostra bella Emilia. Sui costi si potrebbe aprire un libro di domande alle quali le istituzioni, troppo impegnate a pianificare lo smaltimento, non hanno mai dato risposte. Di chi è la responsabilità di aver autorizzato un buco che, come  si evince dallo studio,  risulta essere pericoloso? A chi spettano i costi ? Diranno, Iren o Regione (a volte non comprendiamo il confine dei due attori), che certamente i costi di un ripristino a impatto zero di sola argilla si rifarebbe sulle utenze. Come accaduto per tutti i rincari sulle bollette fatti ad oggi per risanare i bilanci in perdita e stipendi dirigenziali dell’azienda? A questo giro noi pretendiamo che qualche buon legislatore e amministratore sancisca ,come accade per ogni piccola media impresa in Italia, che se dolo c’è stato, la sua risoluzione sia a carico della ditta, non dei cittadini. Ma, cosa più importante, che se l’invaso è davvero in condizione di insicurezza, qualcuno paghi le proprie responsabilità, economiche e penali, sia a livello amministrativo, progettuale che politico e autorizzativo. Non possiamo accettare un ricatto monetario davanti al rischio di avvelenare di nuovo la terra in cui viviamo. Se come pensiamo, la moneta di scambio saranno i bilanci comunali noi prenderemo atto di chi localmente venderà il proprio Comune e chi invece si opporrà con coraggio e manterrà fede all’impegno preso sottoscrivendo solo pochi mesi fa quell’atto che si opponeva ad ulteriori conferimenti. Agli amministratori locali che rispetteranno la parola data offriremo tutto il nostro appoggio e la nostra voce. Il grido è uno solo: se la discarica non è sicura chi ha sbagliato, progettisti amministratori ed  enti autorizzativi, devono pagare.  NON può pagare la comunità che subisce già da anni gli effetti della discarica attorno alla valle del Secchia, perché è di questo che alla fine si parla!

Prima che la decisione venga presa da Atersir noi ricordiamo tutte le promesse di Regione, Provincia, enti locali che ci dissero nel 2015 a gran voce “Poiatica è chiusa” e che dovevamo fidarci delle istituzioni. Ora chiediamo noi: ai tempi, speravate forse che facendo trascorrere qualche anno la nostra voce sarebbe morta o già allora si recitava una parte? Cosa ne avete fatto della fiducia che abbiamo riposto in voi?

All’assessore Gazzolo chiediamo se era questa l’”economia circolare” che aveva in mente? Economia per chi? Sostenibilità e rispetto dei territori per chi?

Ovviamente la soluzione di un ripristino plausibile per noi è una sola, esiste, è concreta e non implica la riapertura della discarica, ma da come viene presentato lo studio ci pare che le soluzioni senza rifiuti siano in realtà lo specchio per le allodole di un piano ben oltre fuori i concetti di “riqualifica ambientale”.

E la Provincia ora come si porrà, a chi tenderà la mano?

Siamo le pedine di una grande partita a scacchi truccata a monte. Con tutta la rabbia e la delusione verso le istituzioni a cui abbiamo voluto credere fino all’ultimo e verso questo modo abietto di fare politica, ora diciamo: se si intenderà svendere la montagna usandola come pattumiera regionale e chiudendo presidi sanitari di prima necessità, lasciandola alla sua lenta agonia, ci ritroveranno a combattere in prima linea. Per noi non è finita finché non è finita: fino all’ultima riunione, manifestazione, evento, azione penale e class action noi ci opporremo alla riapertura di Poiatica e allo svilimento della nostra dignità.

(Comitato “Fermare la discarica”)

* * *

Aggiornamento 5 marzo 2017 ore 22

“Chiudere la discarica di Poiatica sommergendola con 800mila metri cubi sarebbe davvero una beffa incredibile. Per questo chiediamo alla Regione pensi solo ed esclusivamente alla bonifica dell’area. Un’altra soluzione non c’è. È questo il commento di Gianluca Sassi, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, riguardo alla notizia diffusa dal comitato “Fermiamo la discarica” secondo cui il buco di Poiatica potrebbe essere riempito con altri rifiuti speciali. “Credo che la Regione abbia una sola cosa da fare, ovvero mantenere fede agli impegni presi, anche con i cittadini, e non permettere che la discarica di Poiatica venga ancora utilizzata per qualsivoglia tipo di rifiuti. I cittadini hanno già subito sulla propria pelle le scelte del passato e non meritano un trattamento del genere. L’arrivo di altri 800mila metri cubi di rifiuti speciali sarebbe una beffa clamorosa. Per questo – conclude Gianluca Sassi – si dia seguito agli impegni presi e si pensi alla bonifica completa della discarica di Poiatica, che può e deve essere l’unica soluzione a questo problema”.

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Un nuovo progetto narrativo della scrittrice Normanna Albertini con Enrico Bianchi

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Il cugino di Normanna Albertini, Enrico Bianchi in questa foto negli anni 50

La fertile scrittrice felinese Normanna Albertini questa volta ci presenta un nuovo progetto narrativo con il cugino Enrico Bianchi. Una memoria a due, per costruire un archivio del ricordo, per ridare vita a un mondo semplice e duro, che sa di fatica. E mentre ne leggiamo lo avvertiamo coi cinque sensi, ritrovandoci immersi in un passato prossimo che ci appartiene.

Redacon seguirà questa nuova serie di racconti, pubblicando alcuni stralci in anteprima, come già fatto col progetto divenuto poi la raccolta

‘Sulle spalle delle donne’ Garfagnana Editrice.

 

 

 

***

Lo zio Ambrogio

A volte, lo zio Ambrogio rimaneva in campagna da mattina a sera, allora, a mezzodì, gli portavamo un “cavàgn”, coperto da un tovagliolo, contenente il fiasco del vino, quello dell’acqua, pane e companatico per il pranzo. Quando invece mangiava a casa, si sedeva a capotavola, di fronte alla porta d’ingresso; accanto, voleva me e mio fratello, mentre Mimma ci serviva, per poi sedersi a mangiare all’altro capo del tavolo.

E Jusfina? Se ne stava su una sedia, vicino al camino, con il piatto in grembo, come un po’ tutte le donne di quel tempo. A tavola non l’ho mai vista.

Intanto, lo zio Ambrogio aggiungeva nel suo piatto (che fosse minestra, o risotto o pastasciutta poco importava) un po’ di vino rosso, e un po’ lo versava anche a me, che dovevo pur diventare uomo!

Alto, dritto, muscoloso, con due spalle larghe da lottatore e un bel volto gioioso, sempre colorito, lo zio Ambrogio era uomo di poche parole. Ogni sera lo osservavo mungere, affascinato; lui mi faceva accostare, sorrideva e mi spruzzava il latte in bocca direttamente dal capezzolo della vacca.

La sua immensa passione, tuttavia, non era il lavoro, ma la caccia: bastava si mettesse in spalla un fucile, uno di quelli che teneva appesi alla parete sopra la panca, che s’illuminava di entusiasmo.

Il suo cane si chiamava Chin e, come tutti i bravi cani da caccia, era costato parecchio. Per questo, un giorno, ebbi paura della reazione dello zio a una mia marachella.

Povero cane legato alla catena! Io, bimbo di città, non sopportavo di vederlo così, dunque decisi di portarlo a fare una passaggiata usando una corda come guinzaglio. Soltanto che Chin, ad un certo punto, stabilì che era ora di andarsene per i fatti suoi: mi diede uno strattone, si liberò e scomparve nell’erba alta. Rimasi impietrito e singhiozzai disperato, tornando poi verso casa con la coda tra le gambe. Cosa avrei potuto dire a mia discolpa? Come avrebbe reagito lo zio?

Mi accucciai a ridosso di una siepe e continuai a piangere per un paio d’ore, finché un fruscio mi allertò: tra i cespugli comparve il bel muso di Chin, dietro al quale, letteralmente trascinato, c’era lo zio. Sollievo: io avevo perso Chin e lui mi aveva ritrovato.

Zio Ambrogio mi tirò su e mi disse: “Bene, lui aveva bisogno di correre. Adesso andiamo che c’è da mungere.” Mentre camminavamo, il dramma svanì nella tranquilla stretta della manona dello zio e ci dirigemmo verso la stalla.

Ogni sera, dopo la mungitura, si portava il latte al punto di raccolta cui facevano riferimento tutti i contadini dei poderi limitrofi. Si trattava di un casotto di mattoni forati, al bivio per la Bocca, tirato su alla bene e meglio, dove il casaro di Roncroffio arrivava con il suo camioncino per caricare il latte. Ovviamente i secchi venivano pesati con una grossa stadera, quindi il casaro segnava il peso sul suo registro e sul libretto che ogni agricoltore portava con sé, così, alla fine dell’anno, una volta venduto il formaggio, ad ognuno andava il ricavato in base al latte conferito al caseificio.

Un metodo semplice di cooperazione che lasciava ai contadini la proprietà privata di bestie e campi e socializzava la trasformazione del latte.

Per me, il bello cominciava dopo la partenza del casaro, quando il buio prendeva il sopravvento, perché nel casotto non c’era luce elettrica. Quasi tutti gli adulti tiravano fuori il tabacco (il moro) e le cartine dalle loro scatolette metalliche e arrotolavano le sigarette per poi accenderle. Improvvisamente, le braci illuminavano il casotto e aumentavano d’intensità ad ogni tiro. Sembravano lucciole in volo. Intanto, fluivano i racconti, le notizie riportate di bocca in bocca, come in un giornale radio.

Io li ascoltavo, finché vedevo dissolversi quella sorta di lucciole e mi accucciavo sulle ginocchia di zio Ambrogio, inspirando il suo gradevole odore di fatica.

 

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100 Parole: il mondo come non me lo aspettavo / I vermi luminosi

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100 Parole: il mondo come non me lo aspettavo

I vermi luminosi

Waitomo: la grotta dei vermi luminosi

La luna di miele in Nuova Zelanda fu una scelta azzeccatissima.

Volammo da Singapore a Sydney, da Sydney a Auckland, e da Auckland a Wellington.

Poi via in macchina ad esplorare una dei più bei paesi al mondo.

Raggiungemmo Waitomo e fummo attratti da un’esperienza unica: la grotta dei vermi luminosi.

Salimmo su una barchetta con un’altra decina di persone e ci addentrammo nella caverna buia.

Raggiungemmo un punto in cui sembrò di ammirare un cielo stellato.

Si trattava dei vermi luminosi, che appesi al soffitto della caverna componevano un meraviglioso firmamento bluastro.

Alla fine era solo bava di larva di scarafaggio.

Niente di così romantico da meritare il passato remoto.

Raccolta di 100 Parole

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Più luce, ma a ore, e meno anidride carbonica: la scelta di Vetto

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Abbassare la spesa pubblica, ridurre l’inquinamento e aumentare la sicurezza percepita  dagli abitanti migliorando il servizio. È questo l’obbiettivo del progetto finanziato dal comune di Vetto per migliorare l’illuminazione cittadina. E qualche, significativo, cambiamento c’è già dato che diverse zone hanno un illuminazione assai più diffusa (e gradevole) rispetto a quanto accadeva sino ad oggi.

Vetto illuminazione di notte

E’ già iniziata, infatti, la sostituzione dei vecchi corpi illuminanti con nuove lampade a led di ultima generazione che permetteranno al Comune vettese un considerevole risparmio di circa 40.000 euro all’anno.

“È un progetto molto ambizioso per un piccolo comune come Vetto – spiega Roberto Pagani, assessore – Abbiamo cercato negli ultimi due anni di risparmiare sul bilancio per trovare le risorse”. I nuovi corpi luminosi sono di ultima generazione e funzioneranno con un sistema di regolazione oraria per  promuovere l’efficientamento energetico. “Le luci – continua l’assessore – saranno accese dalle 18 alle  22 con un funzionamento del 100%; dalle 22 a mezzanotte, con un funzionamento del 70%, e da mezzanotte alle 6  con un funzionamento del 50%. Pur consumando di meno, grazie alla luce a led,  le strade e le aree pubbliche saranno illuminate meglio a vantaggio di tutti i cittadini”.

L’assessore Roberto Pagani

Entro marzo il comune si prepara a sostituire 868  punti luce per un investimento complessivo di circa 260.000 euro. Tanti soldi che si prevede possano rientrare nel  bilancio fra circa 6-7 anni grazie al miglioramento del sistema d’illuminazione.

“Su tutti i pali – conclude Pagani – verranno inoltre messe delle etichette identificative per semplificare la segnalazione di eventuali guasti da parte dei cittadini. A fianco del risparmio economico non dobbiamo dimenticare il  risparmio ambientale: circa 94.000 tonnellate di Co2 all’anno, cioè la produzione di 107 abitazioni che ci permetterà di ridurre il consumo energetico di 290.000 KWh all’anno”.

 

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Pallacanestro / La LG Competition torna alla vittoria

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Torna alla vittoria la LG Competition Castelnovo Monti che nella sesta giornata di ritorno del campionato di Serie C Silver supera in casa 69-62 la Rebasket Castelnovo Sotto dopo 40 tribolati minuti.

La vittoria permette a capitan Guarino e co. di mantenere la terza posizione in classifica con Guelfo e rimanere a 4 punti dalla coppia di vertice formata da Fidenza e Medicina (quest’ultima sconfitta a sorpresa venerdì sera da Molinella).

Parte bene la Rebasket che riesce a imbrigliare la LG con un’ottima difesa a zona e un attacco che sbaglia davvero poco: con un parziale di 8-0 la squadra di Casoli vola sul 6-14 senza permettere a Castelnovo Monti un diritto di replica. Nel finale di quarto Vanni è il protagonista di un mini-recupero dei padroni di casa, ma dopo 10 minuti gli ospiti sono comunque avanti (15-20). Nel secondo periodo il tema della gara non cambia con Defant e Melli capaci di segnare con continuità, mentre gli uomini di Diacci faticano in entrambi i lati del campo. Mallon pareggia il match a 26 dopo 3 minuti dall’inizio del quarto e il primo vantaggio della LG arriva dopo 18 minuti dalla palla due con la tripla di Guarino: a metà gara i Cinghiali sono avanti di uno.

Al rientro dagli spogliatoi, le due formazioni reggiane continuano a darsi battaglia con Rebasket che propone nuovamente una difesa assai efficace e Castagnaro bravo a smistare palloni e far giocare i compagni in attacco. La LG prende un po’ più di coraggio e con i punti di Thomas riesce a fare un mini-break (+5 al 25°) subito però annullato dagli ospiti. I montanari arrivano sino al +6 ma a fine frazione Castelnovo Sotto è ancora a contatto e distante solo due punti (52-50). Nel quarto periodo il risultato rimane in equilibrio ma Mallon prende letteralmente per mano la LG e con un ottimo lavoro sotto canestro e tanti punti permette ai castelnovesi di prendere il largo e arrivare sino al +7 quando mancano 4 primi al termine del match. Defant e Melli continuano a fare male dall’arco e Rebasket è ancora ad un possesso di distanza con ancora due minuti da giocare, poi ci pensa Mallon a chiudere la partita con due punti strappati nel pitturato e il 2/2 ai liberi di Magnani fissano il risultato sul 69-62 finale.

Faticosa vittoria per la LG che ha sofferto la difesa della Rebasket, andando in confusione in più occasioni e commettendo diversi errori di fondamentali: man of the match un grintoso Federico Mallon, autore di 22 punti. Ottima gara quella condotta da Castelnovo Sotto, squadra ben organizzata ma forse un po’ limitata numericamente in panchina e che pecca di esperienza nel roster. Da segnalare l’ottima gara al tiro di Defant, Melli e del solito Castagnaro, oggi meno preoccupato a realizzare e più a servizio della squadra nella metà campo offensiva.

I montanari torneranno in campo venerdì prossimo a Riccione mentre per la Rebasket è in programma sabato 11 lo scontro diretto di fondo classifica con l’Olimpia Castello.

LG Competition Castelnovo Monti – Rebasket Castelnovo Sotto 69-62

Parziali: 15-20, 39-38, 52-50.

LG Competition Castelnovo Monti: Thomas 16, Canuti 5, Vanni 8, Magnani 2, Mallon 22, Guarino 5, Levinskis 4, Lavacchielli ne, Rossetti 2, Zamparelli 5, Grulli ne, Pompili ne. All. Diacci.

Rebasket Castelnovo Sotto: Minardi 4, Magliani 2, Nunziato ne, Castagnaro 10, Mazza 3, Bartoli 3, Defant 17, Villani 7, Melli 16, Bettelli. Allenatore: Casoli.

 

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Punto esterno per il Carpineti, Ramiseto K.O. col Baiso

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I momenti subito dopo il brutto infortunio di Peretti a Viano

C’era grande attesa per il primo vero test importante per la nuova Reggiana di Menichini, quello contro il Padova, in una sorta di spareggio (anche se mancano ancora ben 10 turni al termine della stagione regolare) per il terzo posto. Finisce 1-1 al Città del Tricolore, in una gara che ha visto due squadre giocare a viso aperto, cercando sempre di attaccare l’avversario, senza grandi tatticismi. Al 7’ Mandorlini intercetta col braccio un traversone di Bovo, e il signor Campione indica il dischetto. Cesarini realizza il rigore e porta in vantaggio i granata. Non passano che due giri di orologio e Madonna crossa dal fondo, trovando una bella girata di Altinier che ristabilisce subito la situazione di parità. Poi diverse occasioni, con Riverola che sfiora la traversa, Carlini che manca il tiro al 28’. Poi ci prova Guidone, e anche Altinier va vicino alla doppietta con un colpo di testa. Al 43’ l’episodio che ha scaturito le rumorose proteste dei veneti, continuate anche nel post-gara. Dagli sviluppi di un corner di Emerson, Contessa tocca con la mano, e viene assegnato il calcio di rigore. Ma dopo alcune consultazioni, l’arbitro ritorna sui propri passi e non concede il penalty, tra le vibranti proteste ospiti. Sono di Spanò, Rozzio e Calvano le chance più nitide dei granata della ripresa, ma il brivido più grande è sul tiro di Cappelletti, che coglie la traversa, ma l’1-2 sarebbe stato una beffa. Alla fine un punto a testa, che probabilmente delude entrambe le formazioni. Domenica la Reggiana andrà sul campo della Maceratese, fischio d’inizio alle ore 16,30. Tornare alla vittoria sarebbe molto importante, per continuare a sperare nel terzo posto.

Vianese e Villa Minozzo in azione

Dopo tre sconfitte, ci si aspettava un ritorno alla vittoria da parte della Correggese, che ospitava la Colligiana. Risultato finale, 1-1, e prime posizioni sempre più lontane. Pareggio non senza proteste per due episodi contestati, dove i ragazzi di Benuzzi hanno chiesto il rigore. Al 23’ il vantaggio: Pittarello di testa trova Corbelli, che con una bella girata confeziona un gran gol. Al 31’ Consol pasticcia su un corner di Cristiano, e la sua autorete ristabilisce la parità, e pensare che il numero uno di casa solo 5’ prima si era superato su una punizione di Strano. Al 6’ della ripresa Corbelli sfiora il pari, e sul successivo corner arrivano le proteste per il primo rigore negato, sullo stesso Corbelli. Al 12’ Zuccolini da pochi passi centra il portiere, e al 35’ Pittarello viene espulso per simulazione, anche se il contatto sembra proprio esserci. Nel finale poteva arrivare la beffa, ma Pietrobattista coglie l’incrocio. Il derby tra Virtus Castelfranco e Lentigione va ai reggiani; al 45’ un minuto chiave, con Galuppo che trova la rete di testa, e per proteste un presunto fallo sul portiere, viene espulso Oubakent. Savi al 6’ della ripresa trova il 2-0, dopo una bella serpentina. Finale incandescente; Mezgour a gioco fermo segna rubando palla a Nava (38’), l’arbitro convalida e si accendono gli animi. Nel recupero espulso anche Traore. E domenica sarà derby tutto reggiano, Lentigione-Correggese.
Era dal 21 settembre che il Carpineti non rientrava a casa con qualche punto in tasca. Ieri a Fiorano è finita 1-1, in una gara combattuta. Al 40’ Grieco è il più lesto ad approfittare di una punizione deviata di Baldoni. Nella ripresa entra Degola per Ravanetti, e il cambio si rivela giusto, in quanto è proprio il neo entrato a trovare il pari. Poi al 12’ sfiora la doppietta e al 28’ Ferrara non sfrutta un servizio di Dallaglio. A 2’ dal termine i locali sfiorano il 2-1 con Ansaloni. Nel prossimo turno gara casalinga per i ragazzi di Pivetti: a Carpineti arriverà la Vigor Carpaneto, squadra che ha ammazzato il campionato, essendo prima a 11 punti dalla seconda. Ma mancano sette gare, e per il sogno salvezza si dovrà lottare contro tutti.
In Prima Categoria vince ancora l’Atletico Montagna, in una gara rocambolesca sul campo della Cerredolese. Finisce 3-2 per gli ospiti con reti di Conti, Predelli (ora capocannoniere da solo a quota 17) e Lombardi. I ragazzi di Capanni ora sono al secondo posto a braccetto col Polinago, a 47 punti, dietro alla capolista PGS Smile, a 50 punti. Domenica sfida interna col Levizzano Rangone, per rimanere in scia della prima.
In Seconda Categoria bella vittoria esterna del Real Casina sul campo della Borzanese, e ora con 27 punti i ragazzi di Reggiani sono abbastanza tranquilli, staccando i play out di 12 punti. Decisivo Boretti con una doppietta, oltre alla rete di Ferrarini. Per i locali le due reti sono autoreti, di Bertolini e di Ferrarini. Real che si stava complicando la vita, ma alla fine sono arrivati i tre punti. Il derby tra capolista e fanalino di coda, Ramiseto/Cervarezza-Baiso/Secchia, termina 3-2 per gli ospiti che che allungano sul secondo Fellegara, ora a 8 lunghezze. A segno Cani di rigore e Ferrari per i locali, e Astolfi,Magnani e Amadei per i canarini. Esce sconfitto il Villa Minozzo sul campo della Vianese: pronti e via ed è rigore per i locali, trasformato da Montanari. Dopo la gara è stata sempre in bilico, con la Vianese ordinata, e col Villa che ha provato a trovare il pari, soprattutto nella parte centrale del secondo tempo. La gara è stata però fermata intorno al 35’ della ripresa, quando dopo un vigoroso contrasto, ha avuto la peggio l’attaccante del Villa Cristian Peretti, che ha riportato le fratture scomposte di tibia e perone. Tutti gli addetti ai lavori erano subito preoccupati, in quanto si era capita la gravità. È stata subito chiamata l’ambulanza che dopo circa 25 minuti è arrivato a soccorrere l’infortunato, dopo la gara è stata terminata regolarmente. Un augurio di buona guarigione allo sfortunato Peretti. Pari a reti bianche a Quattro Castella tra locali e Cavola, che si porta così dopo diversi mesi in zona salvezza diretta, e con due gare da recuperare. Prossimo turno: il Cavola farà visita al Boiardo Maer, il Villa ospiterà il Montecavolo, il Baiso/Secchia il Quattro Castella, il Ramiseto/Cervarezza andrà a Viano, e il Real Casina ospiterà l’ancora imbattuto Fellegara. Ricordiamo, inoltre, che martedì 8 si recupereranno le seguenti gare: Fellegara-Cavola, e Bellarosa-Baiso, oltre a Vianese-Boiardo.
In Terza Categoria vince la Combriccola di Casale sul campo della Polisportiva Quaresimo, grazie ad una rete di Lodi. Tre sconfitte per le altre formazioni appenniniche. Perde il Ligonchio, che ospitava il Virtus Bagnolo: non bastano le reti di Lanzi e Gaccioli, finisce 3-2 per gli ospiti. Cade il Collagna sul difficile campo della capolista Terre di Canossa, decisivo Prampolini. Infine il Progetto Montagna perde per 2-1 in casa col Cavriago. Prossimo turno: il Collagna andrà sul campo della Polisportiva Quaresimo, il Ligocnhio su quello dei Celtic Boys Pratina, e infine ci sarà un derby, Combriccola di Casale-Progetto Montagna. Mercoledì 15 verrà recuperato il 19° turno.

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Se li conosci li usi, se non li conosci ti fai usare

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“Abbiamo organizzato due incontri formativi, giovedì 9 e giovedì 23 marzo, che avranno luogo nel salone parrocchiale di Vetto, di riflessione, ma soprattutto di confronto, sul tema dei social, argomento di attualità e di rilevante importanza. I ragazzi nascono e crescono nel mondo dei social e i genitori, gli educatori e chi ha a che fare con loro magari non conoscono così bene questa realtà virtuale, o solo in parte, e rischiano di scontrarsi con loro e di approcciarsi all’argomento in un modo non corretto o non ben accettato. Ecco l’importanza di confrontarsi con ‘chi ne sa’, chi conosce questo mondo in profondità. Damiano Razzoli, preparato docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ci svelerà tanti segreti sui social“.

Così gli organizzatori, ovvero l’Unità pastorale di Vetto, presenta le due iniziative, che si tengono presso il locale oratorio S. Lorenzo alle ore 20,45.

9/3: “Come educare all’uso consapevole e responsabile dei social-media“;

23/3: “In che modo ci influenzano schermi ed immagini”.

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Fulvio Montipò cittadino onorario di Baiso

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Fulvio Montipò da oggi è a tutti gli effetti cittadino di Baiso. Reggiano di origine e di spirito, nato proprio a Baiso, dove ha vissuto l’infanzia  e dove ama ritornare appena può, Fulvio Montipò era emigrato prima per continuare gli studi, poi per lavorare e dare inizio con l’Interpump ad un solido impero economico grazie al quale il nome del piccolo paese sull’Appennino reggiano è arrivato in tutto il mondo.

L’onorificenza era stata decisa  dal Consiglio comunale che aveva deliberato all’unanimità il conferimento della cittadinanza onoraria a Fulvio Montipò in segno di alta considerazione e riconoscenza per l’intensa attività imprenditoriale e sociale svolta che lo ha portato a raggiungere altissimi risultati in campo nazionale ed internazionale e per l’encomiabile esempio ispirato ai fondamentale valori di laboriosità e solidarietà.

Sabato 4 marzo scorso, alla presenza del prefetto Raffaele Ruberto, del sindaco Fabrizio Corti, del presidente Giammaria Manghi e di numerose autorità, la cerimonia ufficiale, che si è trasformata in una lezione di vita per i cittadini, gli amici di sempre e soprattutto per gli alunni della scuola media di Baiso. Prezioso il messaggio pronunciato dal dottor Montipò, visibilmente emozionato, ma capace di trasmettere valori e principi con semplicità e genuinità, ricorrendo anche all’uso di qualche parola in dialetto: “i Soldi e il successo aiutano, ma non sono la cosa più importante. La cosa importante è avere  dei sogni e fare di tutto per realizzarli, sempre con onestà e tenendo vicino una scatolina da riempire il più possibile di dignità”.

 

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Prese di posizione sulla questione “discarica di Poiatica”

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 Sono molte le prese di posizione sulla riemersione della questione “discarica di Poiatica”. Le trascriviamo qui di seguito.

 

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Enrico Bini presidente Unione Montana: “La discarica non sia riaperta e non siano i cittadini a pagare la messa in sicurezza”.

In merito alla situazione e le prospettive che si sono aperte negli ultimi giorni rispetto alla discarica di Poiatica, interviene il sindaco di Castelnovo ne’ Monti e presidente dell’Unione Montana Enrico Bini: “Al momento non posso escludere che lo studio commissionato dalla Regione Emilia Romagna alla Università di Bologna, sulle modalità più corrette per un ripristino ambientale dell’area della discarica, suggerisca come soluzione meno costosa la riapertura del sito per un riempimento che preveda l’utilizzo di rifiuti speciali, nella cui categoria rientra una gamma di materiali comunque molto ampia, da resti di lavorazioni industriali a fanghi prodotti da trattamenti delle acque. Finora però di questo studio abbiamo soltanto avuto notizie dai giornali, quindi aspettiamo di leggerlo nei dettagli. Il documento comunque rappresenta il parere dell’Università di Bologna, ma poi a decidere sulla base delle proposte in esso contenute dovranno essere gli amministratori. Penso comunque che l’evoluzione del sito debba prendere atto di una scelta già presa e ampiamente condivisa: la discarica è chiusa e non si riapre. Bisogna invece ricostruire chi ha autorizzato il sesto lotto e quindi chi ora dovrà metterlo in sicurezza: Provincia? Iren? Si dovrà dunque capire a chi spetteranno le spese per la messa in sicurezza. Vorremmo anche capire se gli studi effettuati sul sito della discarica hanno messo in luce problematiche particolari di inquinamento, di qualsiasi tipo. Per quel che mi riguarda come sindaco e come presidente dell’Unione dei Comuni la mia posizione è molto netta: la discarica non si deve riaprire, e non condivido affatto neanche l’ipotesi che dopo anni in cui i cittadini del territorio appenninico hanno dovuto vivere direttamente le ricadute negative della discarica, che economicamente invece per chi l’ha gestita ha rappresentato un utile, siano ora chiamati anche a farsi carico di spese per la sua chiusura e messa in sicurezza definitiva”.

Gianluca Sassi (consigliere regionale M5S): “No ai rifiuti speciali. Bonifica della discarica è l’unica soluzione”.

“Chiudere la discarica di Poiatica sommergendola con 800mila metri cubi sarebbe davvero una beffa incredibile. Per questo chiediamo alla Regione che pensi solo ed esclusivamente alla bonifica dell’area. Un’altra soluzione non c’è”. È questo il commento di Gianluca Sassi, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, riguardo alla notizia diffusa dal comitato “Fermiamo la discarica” secondo  cui il buco di Poiatica potrebbe essere riempito con altri rifiuti speciali. “Credo che la Regione abbia una sola cosa da fare, ovvero mantenere fede agli impegni presi, anche con i cittadini, e non permettere che la discarica di Poiatica venga ancora utilizzata per qualsivoglia tipo di rifiuti. I cittadini hanno già subito sulla propria pelle le scelte del passato e non meritano un trattamento del genere. L’arrivo di altri 800mila metri cubi di rifiuti speciali sarebbe una beffa clamorosa. Per questo – conclude Gianluca Sassi – si dia seguito agli impegni presi e si pensi alla bonifica completa della discarica di Poiatica, che può e deve essere l’unica soluzione a questo problema”.

Dario Bottazzi segretario PD Carpineti: “Opporsi a qualunque proposta che preveda nuovi conferimenti di rifiuti nella discarica di Poiatica”.

“Abbiamo appreso dai giornali i principali risultati a cui sarebbe giunto lo studio del prof. Montanari per la gestione del post
mortem della discarica di Poiatica. Non abbiamo ancora avuto modo di leggere la relazione tecnica e quindi non possiamo che essere prudenti rispetto a qualunque valutazione di merito. Secondo le informazioni disponibili sono diverse le ipotesi di lavoro all’attenzione della Regione per la gestione dell’invaso della discarica. Spetta ora alla politica prendere le decisioni più opportune tenendo certamente conto dei costi economici, ma senza trascurare la volontà dei territori, la loro inclinazione e le loro ambizioni. In questo senso vogliamo ricordare il sostegno dell’intera Unione dei Comuni ad un documento che impegna le nostre istituzioni ad opporsi a qualunque proposta che preveda nuovi conferimenti di rifiuti nella discarica di Poiatica. Siamo certi che le scelte che verranno prese da Regione Emilia Romagna per la gestione del post mortem della discarica seguiranno un percorso di condivisione con i territori e, di conseguenza, manterremo alto il profilo dell’attenzione rispetto all’evoluzione degli eventi anche nei mesi a venire. (Dario Bottazzi, segretario del PD di Carpineti e
Stefano Baldelli, capogruppo PD in Consiglio comunale)
Giuseppe Pagliani, consigliere provinciale Terre Reggiane, ha presentato un o.d.g. da discutere in Consiglio.

Oggetto: ordine del giorno relativo alla chiusura della discarica di Poiatica.

Premesso che:

la discarica di Poiatica, in comune di Carpineti, ubicata in una zona ad elevato interesse paesaggistico e naturalistico, oltre che storico, è stata ricavata all’interno di una cava di argilla tuttora in attività, denominata “Poiatica-Montequercia”, utilizzando una porzione di cava ormai dismessa. Si tratta di una discarica ex 1^ categoria, oggi riclassificata come discarica per rifiuti non pericolosi ai sensi del Decreto Legislativo n.36/2003, nella quale possono essere smaltiti rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali non pericolosi, compresi rifiuti assimilabili agli urbani e fanghi non pericolosi;

la discarica per rifiuti non pericolosi di Poiatica è inoltre stata riclassificata come “Discarica per rifiuti misti non pericolosi con elevato contenuto sia di rifiuti organici o biodegradabili che di rifiuti inorganici, con recupero di biogas”, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c) del Decreto Ministeriale 27/09/2010, ed è dotata di impianto di captazione del biogas e recupero energetico;

detta discarica – controllata e gestita da Iren ambiente, che è subentrata al precedente gestore Enìa – è attiva dal luglio 1995 e ha una capacità totale, al netto dell’assestamento dei rifiuti, di 1.957.000 metri cubi, suddivisi in cinque lotti. Attualmente è terminata la gestione del 5° lotto della discarica da 585.000 mc, autorizzato alla costruzione e gestione dalla provincia di Reggio Emilia con provvedimento n. 40719.10 del 28/06/2010: l’impianto risulta quindi  ad oggi chiuso.

Visto che:

ciò che emerge dallo studio dell’Università di Bologna, combacia curiosamente con quanto da sempre proposto da Iren SpA, ovvero il riempimento dell’invaso con circa 800.000 metri cubi di rifiuti speciali (tra i quali si ipotizzano le ceneri dei gruppi a carbone della centrale Enel di La Spezia) in due anni.

Tenuto conto che:

ancora una volta si viene meno all’impegno preso nei confronti di cittadini e comitati di chiudere definitivamente una discarica che da vent’anni pesa enormemente sull’equilibrio ambientale della montagna reggiana

si impegna il presidente della Provincia Giammaria Manghi ed il consiglio provinciale di Reggio Emilia:

a fare proprie le legittime e condivisibili proteste dei cittadini relative al futuro della discarica di Poiatica,  rappresentando alla Regione Emilia Romagna la esigenza assoluta di cessare ogni attività del sito, interrando definitivamente la discarica con terra proveniente dallo scavo dei siti estrattivi limitrofi.

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“A ritmo di… cuore!” con il Cuore della Montagna e la Lega del Cuore

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E’ una grande festa organizzata da due benemerite associazioni che lavorano intorno ai problemi del cuore: il “Cuore della Montagna” di Castelnovo ne’ Monti e la “Lega del Cuore” di Reggio Emilia.

Domenica 12 marzo al Parco Tegge hanno programmato un pranzo molto ricco, come è nella tradizione della struttura di Felina e, a seguire, per smaltire gli eccessi culinari, il ballo in pista con l’orchestra di liscio di Nicola Marchese.

Il pranzo è alle 12,30, il ballo inizia alle 15,30. Il prezzo per partecipare è di 30 euro.

Durante tutto il pomeriggio sarà possibile per tutti dialogare con medici e infermieri della Cardiologia ospedaliera e sottoporsi a semplici esami come la prova del colesterolo e la misurazione della pressione. Si potrà insomma rispondere alla domanda che qualche volta ci facciamo: “Ma come starà il mio cuore?”.

Gli utili della iniziativa saranno devoluti per iniziative di potenziamento delle attività dei reparti di Cardiologia di Castelnovo ne’ Monti e Reggio Emilia.

Il tutto avviene all’insegna di una citazione da Nelson Mandela: “Una buona testa e un buon cuore sono sempre una combinazione formidabile”.

Bisogna prenotare subito ad uno dei seguenti nominativi: Parco Tegge 0522 814.964, Cuore Montagna 339.50.78.113, Lega del Cuore 348.81.27.847.

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Non pane, ma companatico!

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Nadia Orlandini ci invia le immagini del “prima” e “dopo” di un pasto succulento per gli uccellini selvatici.

Non tutti sanno che il pane non è il cibo più adatto per i piccoli amici alati, perchè non apporta i grassi necessari, ma si limita a dare una sensazione di gonfiore; viceversa è appropriato il grasso animale, come quello del prosciutto, del quale sono ghiotti.

E dalle immagini ben si vede!

Quindi, piuttosto che somministrare le briciole che avanzano sui nostri deschi, armiamoci di pazienza e facciamo in casa le palle di grasso e semi (si trovano anche già pronte presso i negozi di articoli per animali) o, come in questo caso, una bella cotenna di prosciutto, ne trarranno giovamento gli uccellini selvatici che ci regaleranno la gioia delle loro visite nei giardini, ma anche su davanzali e balconi.

 

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“Non c’è da scherzare con la chiusura del punto nascite dell’Ospedale S. Anna di Castelnovo ne’ Monti”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Dilva Attolini

Non c’è da scherzare con la chiusura del punto nascite dell’Ospedale S. Anna di Castelnovo ne’ Monti. Non c’è niente da sottovalutare.

Smettiamola di essere ignoranti, che non è una parolaccia, significa ignorare. A volte ignorare è più comodo, fa dormire meglio, fa meno “sangue marcio”, tanto alla risoluzione dei problemi ci sarà sempre qualcuno a pensarci.

Ma quando un problema è forte e condizionante, ignorare è imperdonabile. Tocca il nostro territorio, la nostra gente, il nostro lavoro, i nostri figli, la nostra sopravvivenza, la nostra economia, il nostro domani, il nostro futuro.

Non distraiamoci. I politici che hanno potere si occupano più di loro stessi che dei cittadini. Questa vicenda del nostro ospedale, per spiegarmi meglio, l’associo alle vicende del Pd.

Ancora una volta il Pd sta dimostrando la sua attitudine alla distruzione, lasciandoci, questa volta, non nelle mani di Berlusconi, ma credo di Salvini…, così la Regione Emilia-Romagna sta abbandonando il nostro territorio a un lento deterioramento che sarà inarrestabile. In Regione parlano di sostegno alle aree montane con nel cuore questa attitudine distruttiva, facendo il vuoto intorno al più importante caposaldo.

Si rendono conto i politici della Regione quali conseguenze può avere la scelta di sopprimere il  punto nascite?

Insieme alla Pietra di Bismantova, l’ospedale è il nostro centro vitale.

Se vanno in pianura le partorienti, le persone che maggiormente dovrebbero essere protette come portatrici di vita, perché non tutti gli altri. Avranno un posto solo i vecchi (mi viene in mente la riabilitazione cardiologica: un grande progetto, pensato in luoghi pieni di bellezza, credo ridimensionato con la riorganizzazione di Correggio, dove l’estate si supera con i condizionatori. L’ospedale tutto, questa volta, farà la stessa fine).

L’ospedale ci dà sicurezza per vivere in montagna, altrimenti è un sfaldamento irreversibile. Chi deciderà di stabilirsi sui monti, di rimanere attaccato a queste terre? Peserà moltissimo l’efficienza delle cure, nelle scelte delle famiglie. Lo volevamo come una branca delle eccellenze di Reggio. Abbiamo lottato per questo.

Ci siamo attaccati alle “eccellenze” di Reggio, di questa sanità reggiana abbiamo grande fiducia. Ora il direttore Nicolini ci dice che, riguardo al punto nascite, mancano gli standard di sicurezza. Ma il direttore generale chi è? E’ lui. Quindi è lui che deve garantire gli standard di sicurezza. Non può essere nessun altro. Questa situazione non mi è chiara. Se non è in grado di trovare soluzioni che solo lui può trovare, lasci il posto a qualcun altro.

Ma, poi, che sicurezza c’è andare a partorire con un bimbo nella pancia a 40, 60, 80 chilometri di distanza!

La situazione ora è in mano a una commissione di medici, ci dicono, ma non possono essere loro a decidere del nostro destino di montanari, del nostro sviluppo, del nostro futuro. Quanto vorremmo avere la loro completa solidarietà!

Qui sta il secondo nodo. I politici della Regione hanno responsabilità totale, di programmazione, di difesa e sviluppo del territorio, per far sopravvivere le popolazioni lontane dalle aree urbane.

Il presidente Bonaccini deve vedere più lontano degli altri, lasciare tracce positive del suo incarico, esigere le azioni per garantire gli standard di sicurezza, e contrastare con lungimiranza questa attitudine alla distruzione, che è terribile ma esiste, questa cecità di programmazione sul futuro delle nuove generazioni. Certe scelte pesano sul domani come macigni.

Mi sento di dire, ora più che mai, quanto sia indispensabile la nostra consapevolezza, la partecipazione, e la voglia di lottare uniti.

(Dilva Attolini)

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Il pronto soccorso di Castelnovo e la sua immensa umanità

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Pronto Soccorso Castelnovo ne’ Monti

Lunedì 6 marzo “nonna Clara”, 86 enne che vive sola, molto arzilla e autosufficiente, ancora auto munita, cade in casa. Capisce subito che la caduta è assai grave e chiama noi figli.

Arrivo per prima io e chiamo immediatamente il 118 perché, abitando lei al secondo piano, non riesce certo a fare quattro rampe di scale in quelle condizioni, con caviglia gonfia e polso tumefatto. Arrivano gli “angeli di Toano”, che con la loro consueta professionalità, prestano i primi soccorsi e caricano mia mamma per trasportarla al pronto soccorso di Castelnovo ne’ Monti. Arriviamo circa alle 11 e lei viene subito presa in carico dal medico e dagli infermieri di turno.

Capiamo immediatamente che è una giornata di super lavoro per gli operatori del P.s., gente ovunque, pieno fino all’inverosimile e ci prepariamo all’attesa, che c’è stata, non lo nego, ma c’è stata anche tanta, davvero tanta umanità, professionalità, amore per il proprio lavoro.

In un mondo in cui si parla tanto di malasanità ci troviamo davvero nel bel mezzo di una “buona sanità”. Non c’è stata una sola volta in cui le infermiere o i medici che passavano di corsa nei corridoi, non abbiano rivolto una parola, un “come va?”, non solo a mia mamma, ma anche ad altri pazienti, sempre col sorriso, sempre rassicuranti, sempre deliziosamente umani.

Ieri ho visto persone che amano il loro lavoro, e non diamo ciò per scontato, ho visto persone che non guardavo l’orologio per vedere quanto mancasse alla fine del turno, ma che andavano avanti a oltranza per soccorrere ed aiutare più gente possibile.

Ho visto medici e infermieri correre, ma sempre col sorriso rassicurante di chi ti dice sempre una parola di conforto, ho visto il turno del mattino, del pomeriggio e della sera che sono diventato tutt’uno, perché nessuno voleva lasciare i colleghi soli e stava lì ad aiutarli.

Siamo rimasti li 10 ore, sì 10 ore, ma non certo per negligenza, anzi il contrario, proprio perché hanno fatto un sacco di controlli prima e dopo le ingessature che poi ha avuto mia mamma. Non hanno “tirato via” come verrebbe da dire visto l’afflusso di gente, ma sono stati meticolosi, scrupolosi e pazienti.

In due parole, straordinariamente umani.

Poi ho visto anche qualcuno inveire e lamentarsi per i tempi di attesa, ma questa è un’altra storia che non merita di essere raccontata, perché figlia della maleducazione che dilaga e del non rispetto per il lavoro altrui.

Noi e nostra mamma non possiamo che dire grazie per il calore, la tranquillità e la sicurezza che ci hanno trasmesso in quelle 10 ore passate con loro.

La fortuna di avere un piccolo ospedale vicino casa, ancora a dimensione umana, è enorme, apprezziamolo e facciamo sentire la nostra stima e riconoscenza a chi ci lavora, mettendo il cuore in ciò che fa per gli altri.

Grazie!

(Antonella Pancani)

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