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Inaspettato e per certi versi malaugurato colpo di scena durante i lavori in corso per la costruzione del nuovo oratorio di Castelnovo ne’ Monti. Che poi sono stati almeno momentaneamente bloccati. Motivo? Durante gli scavi sono venuti alla luce reperti archeologici e avanzi di mura che, anche ad una prima a sommaria vista, appaiono interessanti. D’altro canto i medesimi reperti potrebbero contribuire a riscrivere la storia antica della presenza dell’uomo non solo in Appennino e avere risvolti sullo stesso.
E’ accaduto l’altra mattina. Un operatore addetto allo sbancamento della platea destinata ad accogliere le fondazioni dell’edificio si è accorto di aver “toccato” qualcosa e si è fermato. Avvisato il direttore dei lavori, è stato organizzato in breve un sopralluogo, al quale hanno preso parte, chiamati in tutta fretta, anche il progettista arch. Gabriele Ferri e l’arciprete della Parrocchia di Castelnovo ne’ Monti, don Evangelista Margini.
Sorpresa, ovviamente. Ma in verità neanche tanto, se solo si pensa che alle pendici del colle della Pieve, a poche decine di metri dal cantiere, fino a un secolo fa era situato – e funzionante – il vecchio cimitero del paese. La cosa, però ha preso altre e più suggestive ipotesi, data l’antica frequentazione della zona. Ultimamente, infatti, qualche studioso si è spinto a ipotizzare che quest’altura – su cui poi è stata edificata la chiesa che, con le modifiche intervenute nel tempo, è divenuta quel che vediamo oggi – ospitasse un complesso ecclesiastico che forse ha addirittura anticipato la fondazione da parte di S. Colombano della nota abbazia di Bobbio, nel piacentino, nei primi anni del VII sec. d.C. (al proposito, molti forse hanno presente il viaggio di Bertulfo dell’anno 628, allorchè passò nei dintorni in viaggio verso Roma). Quanto basta per riscrivere la storia dell’alto medioevo in ambito locale e non solo.
Singolare, quindi, l’intervento – del quale siamo venuti a conoscenza – di archeologi della Soprintendenza, che pare possano attribuire quanto rinvenuto (scheletro, manufatti bifacciali, pali e, pare, anche un flauto d’osso) addirittura a un’epoca antecedente all’insediamento dell’homo di Neanderthal in Italia (discendente dell’Homo heidelbergensis) e, quindi, oltre i 130.000 anni fa, in pieno Paleolitico medio. Lo stesso uomo di Neanderthal che, con grande mistero, avrebbe lasciato spazio all’Homo sapiens che, invece, bene conosciamo. Una storia affascinante e che, proprio da Castelnovo, potrebbe fornire gli indizi su una precedente scomparsa di altri uomini dall’Appennino.
Se da un lato al momento non è possibile aver contezza di quali ritardi sulla tabella di marcia dei lavori questi ritrovamenti potranno causare – l’area è transennata e quanto di inestimabile valore raccolto è già partito alla volta della città universitaria felsinea per analisi molecolari (in diversi presenti sul posto si chiedevano se questo tesoro un giorno, tornerà quassù) -, dall’altro è evidente il clamoroso ritorno storico, mediatico e anche turistico che una simile scoperta (e sempre che quanto rinvenuto possa essere ospitato in Appennino) potrebbe generare in quello che, sino a ieri, era solo il paese della Pietra e del Parco, del Parmigiano-Reggiano, dello sport. Vedremo come si evolverà la vicenda.