Scendiamo da impervie strade verso Sillano. Amari, Lamberti e io. Bizzocchi, salito con noi all’andata, è rimasto su con tanti altri al Parco dell’Orecchiella per l’escursione del pomeriggio. Eravamo più di cento lo scorso fine settimana tra docenti, educatori e addetti ai lavori, provenienti da quattro province, Parma, Reggio, Lucca e Massa.
Nel viaggio di ritorno ci diciamo cosa c’è rimasto di questi due giorni di formazione organizzata dal Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano. Che poi questo nome è ben solenne, come lo è sentire MAB Unesco, insieme ai nomi dei relatori che sono venuti a scambiare pensieri questo week end.
Per noi il Parco è soprattutto casa, fatta di queste montagne, tutte, che ci riempiono gli occhi, le salite, i sassi, le buche per strada, i castagneti, il formaggio di capra e le patate comprati lungo la via. I funghi attesi, scovati, invidiati. Le cose buone da guardare e le cose belle da mangiare. I paesi intrisi ancora di storie di gente che c’era, che è andata, qualcuno rimane. Chissà come si vive qui, in questi posti che sanno di dignità e fatica?
E ripercorriamo al contrario le località dell’andata Capanne, Pradarena, Ospitaletto, Ligonchio, Marmoreto.
Il Parco è anche i nomi di chi ci tiene dietro, Natascia, Vignali, Giovanelli, e tanti altri che sappiamo esserci.
Passiamo le due ore che ci separano da casa a pensare insieme. E già per questa ragione il corso ci ha regalato fertilità. Quando si partecipa a qualcosa che suscita condivisione e voglia di scoprire i pensieri dell’altro, si è già raggiunto un obiettivo.
In questi due giorni abbiamo viaggiato tra stimoli e riflessioni, diversi relatori, mondi raccontati con linguaggi differenti. Tutti insieme a costruire un orizzonte di senso comune.
Ci risuonano in testa le parole di questo dibattito, ce le portiamo con noi, e le condividiamo, per conservarne una fotografia, da poter riguardare e ripensare poi. Con calma, come quelle cose che ci vuole un po’ di tempo per vederle bene, dopo averle guardate.
Non possiedo tutti i linguaggi che ho ascoltato. Mi restano tracce, che voglio qui accennare.
Il tema principale del corso era “Scambi. Il valore della relazione e del dialogo culturale”.
E ciò che più è stato scambiato è stato uno sguardo.
Punti di vista sul mondo. Si è parlato di Biosfera, del rapporto di uomo e ambiente, di culture che avvicinano, si mescolano, includono, di saperi che vanno e altri che arrivano, e a come poter trasportare, insegnare, condividere, i nomi, e tutto questo, senza perdere il senso vero di quello che si vuole dire.
Abbiamo pensato, sognato, paesaggi a cui appartenere, da conservare, rispettare, valorizzare, proteggere, abitare con affetto (non mi stanco mai di crederci). Consapevoli dell’impronta ecologica che lasciamo sul territorio. Abbiamo riflettuto su accoglienza, ospitalità e diversità, sulla conoscenza di sé, per poter conoscere e riconoscere l’Altro.
Nella relazione tra me e l’altro mi specchio e cresco. Una poetica dell’altro, come diceva Emanuele.
Noi educanti siamo traduttori che danzano in bilico tra ciò che sappiamo già e quello che ci insegneranno i nostri alunni.
Passione: questa mi è arrivata da tutti quelli che c’erano, sia da parte di chi ha raccontato, ciascuno con la propria lingua, i frutti delle proprie ricerche, sia da chi lì ci lavorava, o ascoltava. Tutti hanno scambiato presenza, partecipazione, testimonianza.
Se la bellezza è negli occhi di chi guarda, siamo responsabili di uno sguardo bello che ci portiamo nel guardare le cose. Nel guardare questo parco che è tanto, che è di tutti, ma non tutti ce lo ricordiamo e ce lo dobbiamo raccontare bene, per impararlo e per tradurlo a chi viene dopo, perché se non conosciamo da dove veniamo poi ci confondiamo e ci perdiamo nel dove vogliamo andare.
Dopo esserci scambiati racconti e sguardi nuovi su mondi altrove e vicini, aver chiacchierato, ascoltato, detto la nostra, e anche cantato fino a notte fonda, scendiamo dai monti.
Con occhi belli.
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Link correlato con il PROGRAMMA delle due giornate e i nomi dei relatori
E qui una intervista di tre anni fa ad Emanuele Ferrari, docente e ora anche assessore alla cultura e vice sindaco di Castelnovo Monti.