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“Forse si pretenderebbe che d’inverno non nevicasse”

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E così un pezzo di Pietra di Bismantova si è staccato ed è caduto sul piazzale dell’Eremo. Era già successo anni fa, e la cosa si è ripetuta nei giorni scorsi, con dimensioni molto più vistose. Per fortuna non ci sono stati danni alle persone. Diciamo che la statua di San Benedetto si è sacrificata, e speriamo che per onorare il Santo ne venga realizzata un’altra. San Benedetto se lo merita.
Ma di fronte a questi fenomeni, e alla reazione che suscitano, non solo sulle pagine dei giornali, mi viene da pensare che negli anni è cambiato il rapporto con la natura, e con i fenomeni naturali. Si pretenderebbe che d’inverno non nevicasse, che d’estate non facesse caldo. Si pretende che le montagne se ne stiano immobili, che la natura sia immobile.
Sopra Casale, facendo il bel sentiero che porta sotto la Pietra di Bismantova, nel bosco si incontra un masso enorme. La roccia, se si guarda attentamente, è simile a quella della Pietra. Da dove sarà arrivato quell’enorme masso? Sarà caduto dal cielo? L’avranno depositato lì gli alieni? Se si fa il sentiero basso che gira intorno alla Pietra si attraversa un’enorme colata di massi che scendono verso Fontania Cornia. Forse qualcuno li ha spinti uno ad uno verso il basso? Girando sotto la Pietra sul versante di Catelnovo si incontrano qua è la massi che però non sono fioriti come le primule. Uno è altissimo, si chiama Sassolungo, e non ce l’ha lasciato di notte il diavolo.
Se andate a pagina 45 della storica guida della Pietra di Bismantova di Gino Montipò, troverete traccia della Via dei Reggiani, aperta sul Dente della Vecchia nel 1972 da Carlo Possa, Lamberto Camurri, Giuseppe Mariani e Anna Marzi (proprio lei, per chi la conosce). Sulle guide successive di questa via non c’è traccia. Non perchè, come giustamente scrisse nella sua guida Montipò era una “salita di scarso interesse su roccia friabile”, ma perchè quella via (l’unica che ho aperto sulla Pietra) dopo qualche anno si è staccata interamente dalla parete ed è crollata sul sentiero che sale in cima alla Pietra. Per qualche tempo pezzi della via (ne riconoscevo alcuni passaggi) erano adagiati orizzontalmente sul sentiero.
Le montagne si muovono, si spezzano, si frantumano, da milioni di anni, anche prima che arrivassero gli uomini e i giornali. La natura non sta ferma. Chi gira in montagna lo dovrebbe sapere, ma molti tendono a dimenticarselo.
La natura fa il suo corso. Posso dare un consiglio a chi vuole capire l’instabilità della natura: non un libro di geologia, ma il romanzo (quasi introvabile in italiano) “Derborence” dello scrittore svizzero Charles-Ferdinand Ramuz, che racconta di una enorme frana caduta nel Vallese nel 1714.
“…sentivo il bisogno di assistere alla natura mentre si fa natura”, ha scritto Lazzaro Spallanzani. La natura si fa natura, non è immobile.


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