Riceviamo e pubblichiamo.
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Se presa per un certo verso, verosimilmente purtroppo negativo, tant’è che già si è scritto di una cerimonia di inaugurazione, pesa come un macigno sulla fiducia abbastanza consolidata di un proseguimento delle opere di recupero della rocca di Minozzo non ancora effettuate e relative al versante nord e parzialmente al versante ovest dell’antico torrione, l’affermazione fatta dal sindaco di Villa Minozzo, Luigi Fiocchi, nel corso della seduta del Consiglio comunale del 25 novembre 2014 nel punto relativo, nell’ordine del giorno, alla gestione della rocca medesima, con affidamento della stessa alla locale pro loco.
Testualmente il primo cittadino del Comune ha detto: “I lavori alla Rocca di Minozzo sono terminati e ci si avvale comunque della collaborazione dell’architetto Cervi”; un’affermazione che, se soppesata, evidenzia una situazione abbastanza grave.
Tutto questo purtroppo avverrebbe nonostante che il sindaco medesimo abbia avanzato in questi ultimi anni, nel marzo del 2010 e nel marzo del 2013, domanda di contributo per ottenere i benefici relativi alla ripartizione dell’otto per mille della quota Irpef a diretta gestione statale, la prima con esito favorevole e la seconda invece con esito sfavorevole, allegando sempre gli obbiettivi progettuali del direttore dei lavori di recupero, l’arch. Giuliano Cervi, riferiti anche ai versanti sopra citati e non ancora recuperati, alla “realizzazione di una copertura” (tettoia per proteggere il complesso monumentale dagli agenti atmosferici) e la “realizzazione di un sistema museale finalizzato ad un organico percorso didattico”.
E tutto questo ancora, ossia la sospensione definitiva delle opere di recupero, avverrebbe in discordanza con quanto inserito nei programmi elettorali, relativamente alla rocca di Minozzo, delle tre liste che hanno partecipato al rinnovo del Consiglio comunale con elezioni svoltesi il 25 maggio 2014.
Inoltre lo storico Francesco Milani ed anche le molteplici testimonianze delle persone più anziane del paese hanno sempre riferito alla base del fianco nord della rocca la porta di accesso agli ambienti sotterranei della Rocca, in particolare alle tre prigioni, descritte dallo storico minozzese anguste ed umide e, molto probabilmente, ad altri ambienti con cinta muraria ora ricoperta da una coltre sedimentaria.
Se davvero malauguratamente le opere relative al recupero della rocca di Minozzo non venissero completate, dopo ben venti anni più che travagliati dal loro inizio e dopo la riscoperta di molti ambienti e di reperti archeologici ceramici e monetali anche di notevole pregio, e nonostante le molteplici sollecitazioni avanzate all’Amministrazione comunale durante lo scorso anno, indirettamente, tramite organi di stampa (Tuttomontagna, Reggio Storia, questa vostra testata) e direttamente, nel corso di una apposita assemblea pubblica svoltasi l’8 ottobre 2014, perchè si attivasse a ricercare fondi da leggi apposite e l’aiuto di altri enti, come il Gal Antico Frignano ed Appennino Reggiano ed il Parco nazionale Appennino tosco-emiliano per portare a termine il recupero della rocca di Minozzo, il più importante resto monumentale in elevato quantomeno della parte alta dell’Appennino reggiano, si potrebbe già scrivere di un recupero monco (per un buon terzo della sua memoria storica non messo in luce) ed incongruo (soprattutto per la sua incompleta messa in sicurezza), relativa ai versanti non recuperati e alla sommità, nonostante le prescrizioni al riguardo più volte espresse dalla Soprintendenza ai monumenti dell’Emilia ed anche della Prefettura di Reggio Emilia.
Bisogna comunque ancora sperare che da parte dell’Amministrazione comunale di Villa Minozzo, della direzione dei lavori di recupero della cocca, con l’aiuto anche da parte di enti diversi, possa esserci un sussulto di rinnovato impegno.
(Giuliano Corsi)